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39.° Nè da questo voglio inferire che utile non sia stato il di lui lavoro, che per esso non gli si debba esser grati; ma voglio concludere soltanto che egli ha gran torto di darsi a credere che quello che ha detto su questo proposito sian cose nuove, e non solo nuove, ma sue; e tanto nuove, e tanto sue, che ad altri non sia permesso parlarne senza correre il rischio che esso gli si avventi rabbioso addosso tacciandolo di plagiario e di ladro. Se egli ha ripetuto ciò che altri dissero tante volte prima di lui, se egli ha ripetuto ciò che altri dissero poco prima di lui in caso identico al suo, con qual diritto vuol egli proibire che altri, dopo di lui, la di lui ripetizione rinnovi? Sapevasi che la vanità vede corto, ma qui s’impara che la vanità non vede punto.
40.° E il dire che sarà utile, nel cammino da Venezia a Milano, annodare direttamente le quattro città di Padova, di Vicenza, di Verona, di Brescia, non è additare la linea che dovrà seguire la strada di ferro da Venezia a Milano, passando per Padova, Vicenza, Verona, Brescia: che seppur si volesse che questo fosse additar la linea, sarà sempre additare una linea astratta una linea che si potrebbe mostrare tanto in sul terreno, quanto nell’aria, una linea che non si può definire.
La vera linea, la linea su cui si può costruire la strada, la linea concreta è quella che deriva dallo studio particolareggiato del terreno, dalla cognizione delle condizioni singolari a cui deve soddisfare una strada di ferro, dalla scienza, dall’arte dell’ingegnere.
41.° Ad ogni modo dunque questa sua linea, per cui mena tanto rumore, è una linea astratta, che non ha di fisso che alcuni estremi, ed anche questi tra larghi limiti. La mia è una linea definita, tracciata.
Queste due linee sono due cose assai diverse, nè si possono confondere insieme che a disegno pel fine d’imbrogliare le cose, di dare una qualche apparenza di giustizia, almeno in faccia a quelli che di queste cose non sanno, a quella sua eterna lamentazione che va spandendo perchè si chiama linea Milani la linea sua. Questo suo lamento lo ha ripetuto le cento volte, ed anche nel fascicolo 18 del Politecnico, così scrivendo alla pagina 584:
"Nel giugno dello stesso anno io proposi per la strada ferrata da Venezia a Milano una nuova linea, che da qualche anno in poi, non so se per diritto di eredità, o per diritto di conquista, porta il nome di linea Milani».
Napoleone disse: "Voglio una strada che dal lago Maggiore, passando pel Sempione, scenda a Briga". Gli ingegneri scelsero la linea e costruirono la strada, e Napoleone, più modesto del dottore Cattaneo, non ha mai nè detto, nè stampato che la linea era sua, che egli l’aveva scelta, perchè ne aveva indicati i tre punti, di mossa, passaggio, ricapito.
Questo è proprio il caso di rammentare al dottore Cattaneo, che altro è il dire altro il fare; altro è il dire: - su via, facciamo una strada di ferro da Venezia a Milano per Padova, Vicenza, Verona, Brescia, - ed altro studiare, ritrovare ed indicare la linea per cui questa strada può farsi.
42.° E pel dottore Carlo Cattaneo questo volere, ad ogni costo, per nuovo e per suo tutto quello che egli magistralmente sciorina nei di lui articoli, dopo di averlo o letto nei giornali stranieri, o raccolto dalla voce pubblica, non è un accidente, una distrazione: è proprio un abito, una risoluzione ben ferma.
In questa sua rivista, a cui io ho l’onore di rispondere per quello che mi risguarda, dopo di aversi attribuito, a furia di io e di me, quanto di buono si è fatto per la strada di ferro da Venezia a Milano, pone in campo altre due belle novità dandocele come frutto de’ suoi studii, come il risultato delle sue profonde meditazioni.
43.° Propone agli uomini dell’arte il problema: se nelle strade a guide di ferro si debba