ni Pico della Mirandola (Io. Franc. Pic. Epist. ad Maximilian. Imp. Epistolar. Lib. 3.), e lasciolla per pubblico comodo alli Canonici Regolari di Sant’Antonio di Castello; presso li quali divenne famosa per l’uso che nelle stampe se n’è fatto, poi sul finire del passato secolo perì per incendio miserabilmente. Marino nipote di Domenico, Cardinale e Patriarca d’Aquileia, continuò pure a favorire gli artefici di disegno. Giulio Clovio miniatore insigne a lui deve la sua fortuna, e celebrità; ed il Vasari, che ciò dimostra, racconta che fra i lavori per esso fatti si estimavano specialmente un Ufizio di nostra Donna con quattro bellissime istorie, un Epistolario con tre istorie grandi di S. Paolo, una Pietà, ed un Crocifisso.
Ma quello che fra li Grimani si è in singolare maniera distinto per lo studio dell’antichità, e per il favore delle belle arti, fu il Patriarca d’Aquileia Giovanni. Egli fece fabbricare in Venezia nella contrada di Santa Maria Formosa il palazzo che tuttora si vede; opera ben intesa, magnifica, ed ornatissima, ordinata da Michele Sammicheli, se al Temanza crediamo (Vite dei più celebri architetti, e scultori veneziani, T. I. p. 177.); ma dal Patriarca stesso architettata, se stiamo alle parole di Muzio Sforza, il quale dedicando a lui le sue Elegie sacre stampate in Venezia nel 1588. gli dice: Quo ingenti acumine polleas, superbissimæ sacrarum ædium machinæ, ac tuæ domus mirifica œconomia ac structura, tua instructione, velut optimi architecti, exædificata, testantur. Nam ædificandi magnificentia ne ipsis quidem Imperatoribus Romanis cedis. Un cortile v’è di bella simmetria, di statue, bassirilievi, iscrizioni, vasi, ed altre anticaglie nobilmente fornito; e fra esse s’ammirano le due famose statue colossali di Marco Agrippa e d’Augusto; la prima delle qua-