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in Pavia Hieron. Bartoli, 1570. fol. verso 7. & fol. recto 8. (Prospectus d’un Ouvrage sur les Miniatures des Mss. proposé par souscription par M. l’Abbé Rive. Paris, 1782. 12. p. 45.). Ma egli non può aver letto presso il Breventano cosa alcuna che faccia in contrario, non avendo questo autore nel citato luogo scritto più del passo seguente, il quale volentieri qui apporto ancora perchè dà una qualche idea della Libreria Pavese: Nel mezzo dell’altro torrione del castello, il quale nello entrare resta a man sinistra, è una camera, la quale di quadrata forma capisce la grandezza di esso torrione, ed ha le finestre, come fin ora si veggono, imbiancate di fuori; nella quale era una copiosa Libraria e delle più belle che a que’ tempi si potessero vedere in Italia, i cui libri erano tutti di carta pecorina scritti a mano con bellissimi caratteri e miniati, i quali trattavano di tutte le facoltà letterali sì di Leggi, come di Teologia, Filosofia, Astrologia, Medicina, Musica, Geometria, Rettorica, Istorie, e d’altre scienze, ed erano di numero novecento e cinquanta ed uno volume; come è notato in un Repertorio scritto in carta pecora, il quale è appresso di me: e detti libri erano coperti chi di veluto, chi di damasco o raso, e chi di broccato d’oro o d’ariento, con le lor chiavette e catenelle d’ariento; con le quali stavano fermati alli panchi, i quali erano posti con quell’ordine e modo con che sono quelli delle Scuole pubbliche, ma però fatti più belli, come richiedeva il luogo e il grado di chi gli aveva fatti fare. Nulla qui mostra che dal Breventano si scriva come se a tempo suo la Libreria fosse ancora fornita de’ libri, o ch’egli veduti e maneggiati gli avesse; anzi appoggia egli il dire suo ad un Indice che ne aveva, senza dire nè quando, nè come la Libreria stata fosse spogliata. Ma


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