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La dinota il poeta in un’elegia intitolata Laus Andreæ Mantegnæ pictoris Patavini. a. mcccclviii. e trovasi questa fra le opere di lui nell’edizione di Utrecht 1784 (T. I. p. 276) con questo principio:
Qualem Pellæo fidum cum rege sodalem
Pinxit Apelleæ gratia mira manus;
Talis cum Iano tabula Galeottus in una
Spirat, inabruptæ nodus amicitiæ.
Quas, Mantegna, igitur tanto pro munere grates,
Quasve canet laudes nostra Thalia tibi!
Due ritratti ancora del Mantegna, da aggiungersi alle tante altre sue opere, aveva nel passato secolo in Venezia Niccolò Renier pittore Fiammingo, ricco di quadri de’ principali autori, in parte dal Ridolfi indicati (T. II. p. 47. ec.). Nell’occasione che il Renieri fece qui un lotto di suoi quadri l’anno 1666, essendosene pubblicato a stampa l’Ordine approvato dall’Autorità Sovrana da tenersi nell’estrazione delle grazie, con l’Indice de’ quadri medesimi, que’ due furono così registrati: Un quadro, mano di Andrea Mantegna, ove è dipinto il Duca di Mantova, fatto in tavola, al naturale, alto quarte 4 e un terzo, largo 3 e un terzo. Un altro quadro compagno, della medesima mano, ove è dipinta la Duchessa sua moglie, con cornice compagna.
Di sua singolare prontezza e bravura nel disegnare ritratti ed altro v’è una bella ed autorevole testimonianza di Camillo Leonardi da Pesaro, che gli era contemporaneo, nel libro intitolato Speculum Lapidum, scritto l’anno 1502, e nell’anno medesimo in Venezia stampato; la quale perciocchè dagli scrittori intorno ad esso non viene addotta, qui può bene aver luogo. Leggesi
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