mo indicare, scrivendovi di sua mano, che insieme col Mercurio, non erano del Bembo, ma d’altro padrone, forse di Bartolommeo Ammanati celebre scultore Fiorentino.
Non si vede fra le anticaglie del Bembo qui riferite fatta menzione del più cospicuo ed esimio pezzo, che poi rese assai più famoso il di lui museo; cioè della gran Tavola di bronzo Egizia, riportata di sottili lamine d’argento; la quale fu sovente chiamata Isiaca siccome a’ Misterii d’Iside appartenente, e sì per la moltitudine delle cose rappresentate, come per la difficoltà di fissarne la significazione, diede assai che dire agli eruditi. Pare che a tempo dello Scrittore nostro il Bembo non l’avesse per anco acquistata, nè è ben chiaro, come non lo era a tempo del Pignoria, se comperata egli se l’avesse da un ferraio, che nel sacco di Roma del 1527 l’avea fatta sua; o pure da Papa Paolo III l’avesse in dono ricevuta. Si vuole che trovata fosse in una vigna di casa Caffarelli, nel monte Aventino, dove un tempio d’Iside sia stato (Oberlinus, Orbis antiqui monumentis suis illustrati primae lineae, p. ult.). Il Sannazaro e Pierio Valeriano con stupore la videro presso il Bembo, che molto cara la teneva e fra le cose sue più preziose; ed a questo secondo ne mandò da Roma un disegno (Pierio Valeriano, Hieroglyphica, Dedic. Lib. XX. & XXXIII.). Da Torquato Bembo altro disegno ne ottenne il Cardinale Antonio Perrenoto di Granvella, per asserzione di Stefano Vinando Pighio (Mythologia in anni partes, apud Gronovium Thesaur. T. IX. p. 1194. ed L. B.). Ma finalmente divenne ella pubblica con un esatto intaglio in rame di Enea Vico, impresso in Venezia nel 1559 in undici fogli, che la rappresentano in tutta la grandezza ed ogni di lei parte. Cambiò in segui-