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codice, che l’Orsino poi chiama pervetustum, con l’altro suddetto, come fecero Anton Federigo Seghezzi (Opere del Bembo, T. IV. p. 303. ed. Ven. 1729) il Burmanno giovine (Præf. in Antholog. Latin. p. LIV. & Præf. in Virgil. 1746.) e l’Heyne (Praef. in Virgil. p. XLVIII.); nè questo fra li molti codici Virgiliani della Libreria Vaticana, riferiti dal Bottari ne’ prolegomeni della citata edizione, si vede. Di uno di questi due Codici pare certamente che debba intendersi Tommaso Giunta stampatore Veneziano, quando nella Lettera dedicatoria del suo Virgilio impresso l’anno 1552, a Giovita Rapicio dice che gli presenta il poeta nunc quampluribus locis emendatum ex vetustissimo Petri Bembi Cardinalis manuscripto codice, quem cum nostris, & Andreæ Naugerii, tuisque item exemplaribus contuli. Due altri testi a penna d’opere di Virgilio aveva il Bembo, li quali vennero in mano di Lorenzo Pignoria (Tomasini, Bibliothecae Patauinae manuscriptae publicae & priuatae, p. 84.): ma questi non si sa di quanto merito fossero.

Ad altro luogo appartiene il trattare delle rarità  della Libreria del Bembo, che conteneva gran quantità  d’ogni sorte di nobilissimi libri, antichi e moderni, in tutte le lingue e facoltà, scritti di mano propria molte volte degli autori medesimi che gli composero, siccome disse il Varchi nell’Orazione funebre del Cardinale. Ricorderò soltanto che autografi v’erano delle Rime e dell’Egloghe Latine del Petrarca, e facilmente ancora quello dell’opera del medesimo de Vita solitaria, posseduto da Bernardo Bembo, e poi nella Libreria Vaticana passato (Iacobi Philippi Tomasini Patavini episcopi æmoniensis Petrarcha redivivvs, p. 29. ed. 1650).

(45) Hanno rapporto queste parole alli sei ultimi pezzi qui riferiti, li quali ha voluto l’anoni-


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