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ta sopra questo codice (Bembus de Fabul. Terentii): non la fece però, ma coll’autorità  di esso gli argomenti delle Commedie a Gaio Sulpizio Apollinare ha restituiti, e poco altro uso nelle opere a stampa ne fece. Il Bembo stesso sembra che primo sia stato a dare al pubblico un bel saggio della bontà  del suo testo nel Dialogo de Virgilii Culice & Terentii Fabulis: nè di questo però, nè di altro scritto del Bembo può intendersi il seguente passo del Vettori, in cui egli un’operetta indica, che ora non abbiamo: Est apud me Terentius ille, quem olim Angelus Politianus cum veneranda vetustatis codice, (ut sunt eius verba) Petri Bembi contulit, suaque manu non tantum quaecunque in eo a vulgatis discrepabant, verum etiam doctas quasdam interpretationes, qua in eius libri marginibus adscripte erant, accurate perscripsit, quae & multae sunt & eruditi prorsus viri, iudicio etiam optimi & doctissimi viri Petri Bembi, qui libri illius dominus sermonem elegantissimum de ipsius slaudibus confecit, in quo declarationes etiam has & probat & amplexatur (Petri Victorij Explicationes suarum in Ciceronem castigationum, p. 72. edit. Lugd. 1540).

E’ abbastanza noto il buon uso che da varii celebri letterati nel secolo sedicesimo di questo codice s’è fatto, e specialmente dal Faerno per l’edizione stimatissima dei Giunti di Firenze 1564; avendone prestato facilmente l’uso di esso anche Torquato Bembo, che con la libreria paterna fu di esso padrone. Dacchè però Fulvio Orsino lo acquistò, ed alla Vaticana Libreria lo ha poi lasciato, dove sino a’ giorni nostri ci stette, via maggiore profitto se ne cavò, massimamente per l’opera di Cristoforo Enrico Bergero De Personis, stampata in Lipsia l’anno 1723., nella quale le maschere furono pubblicate, e per due splen-

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