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dal Raspe nel libro intitolato A Critical Essay on Oil-Painting, impresso a Londra nel 1781, dal P. della Valle nelle annotazioni al Vasari di Siena (T. III. p. 313. T. X. p. 5.), dal Tiraboschi nell’Istoria della Letteratura Italiana (T. VI. P. II. p. 407.), e nella Biblioteca Modenese (T. VI. p. 481.), dal Lanzi nella Storia Pittorica dell’Italia (T. I. p. 59. 586. II. 22.), dal Vernazza nel Giornale Pisano (T. XCIV. p. 220.), e da altri. Ma non s’accordano gl’intendenti di sì fatte cose nel giudicarle ad oglio, essendo molto difficile il conoscere, se un’antica pittura sia veramente stata lavorata ad oglio, o ad altro modo, per le varie prove usate dagli artefici a fine di recare alle opere loro quella vivacità che col dipingere a tempera non riusciva loro di darvi. Parve ancora di potersi far rimontare la pittura ad oglio al di là del secolo undecimo, sull’autorità di Teofilo Monaco, altrimenti detto Ruggiero, che ne insegnò l’uso in un’opera Latina, descritta già sino dall’anno 1774 da Abramo Lessing in una dissertazione Tedesca su questo argomento, impressa a Brunswick, poi da me ne’ Codici Naniani (n. XXXIX.) e dal Raspe nel mentovato libro in gran parte pubblicata, finalmente tutta inserita da Cristiano Leist nel tomo sesto della Collezione del Lessing intitolata Zur Geschichte und Litteratur, impresso a Brunswick l’anno 1781. E veramente Teofilo, scrittore non più tardo del secolo undecimo perciocchè l’opera di lui esiste in due codici di Vienna e di Wolfenbuttel dentro quel secolo ricopiati, chiaramente insegna nel Libro I. Capo 18. ad adoperare colori stemprati con oglio di linseme, dicendo: Si autem volueris ostia rubricare, tolle oleum lini, quod hoc modo compones. Accipe semen lini, & exsicca illud in sartagi-


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