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similmente il trovare di lui esatta notizia. Ma però Pomponio Gaurico nel citato Dialogo della Scultura, ch’egli presenta come avuto in Padova sul principio del secolo sedicesimo fra se Niccolò Leonico Tomeo e Giovanni Calfurnio, tanto bene di lui dice, che quando anche tutto non gli si voglia accordare, conviene però levarlo dalla turba degli artefici triviali. Non soltanto eccellente nella scultura, ma bravo ancor nell’intaglio d’ogni sorte, nell’arte del far di terra, e nella pittura, benchè ignorante di lettere, egli lo dice così (Cap. VII.): Severum Ravennatem ideo ad extremum distuli, ut plenius laudarem, qui miror ad me hodie cur non venerit. Is mihi quidem videtur statuariæ numeros omnes adimplere, sculptor, scalptor, cælator, desector, plastes, pictorque egregius. Nam si me heic nunc rogaretis, qualem sculptorem velim, talem nempe ipsum velim, qualem, modo litteræ adessent, Severum esse novimus.

(16) Aveva già scritto il Savonarola nell’operetta citata, che di Stefano da Ferrara v’erano pitture assai al naturale nella cappella del Santo: il Vasari poi scrivendo del Mantegna e di Vittore Carpaccio, lo ha ripetuto.

(17) Piacque a questo scultore di prendere il nome dell’antico Pirgotele, e così non si seppe chi egli fosse. Oltre quest’opera, che per sua viene indicata dal nostro autore soltanto, un’altra ne dinota il Sansovino in Venezia sulla facciata della chiesa della Madonna dei Miracoli, col dire: Di sopra alla porta grande si vede in mezz’arco una nostra Donna di tutto tondo di Pirgotele, ottimo scultore dell’età sua (p. 63.). L’artefice vi è indicato in un pezzetto di marmo posto a canto, ma col solo nome Pyrgoteles. Do-


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