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risalendo la kama


Michele Strogoff, movendole incontro, le porse la mano.

— Guarda, sorella, le disse dopo d’averla condotta fin sulla prua del Caucaso.

Ed infatti il luogo meritava d’essere esaminato attentamente.

Il Caucaso giungeva in quella al confluente del Volga e della Kama. Gli è là che doveva lasciare il gran fiume dopo d’averne sceso il corso per oltre quattrocento verste, per risalire l’importante fiume lungo un tragitto di 460 verte (490 chilometri).

In quel luogo, le acque delle due correnti mescevano le loro tinte un po’ diverse, e la Kama, facendo alla riva mancina il medesimo servizio che l’Oka aveva fatto alla sua riva destra, attraversando Nijni-Novgorod, la rendeva salubre col suo limpido affluente.

La Kama allora si apriva largamente e le sue sponde boschive erano incantevoli. Alcune vele bianche animavano le belle acque baciate dai raggi solari. I colli piantati di albarelle, di ontani e talvolta di gran quercie chiudevano l’orizzonte con una linea armoniosa, che la splendida luce del mezzodì confondeva in certi punti col fondo del cielo.

Ma queste bellezze naturali non pareva potessero stornare neanche un istante i pensieri della giovane livoniana. Essa non vedeva che una cosa, la meta da raggiungere, e la Kama non era per lei che una via più facile per arrivarvi. I suoi occhi brillavano straordinariamente guardando verso l’est, come se avessero voluto collo sguardo trapassare l’orizzonte.

7 — Michele Strogoff. Vol. I.