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michele strogoff

rono a breve andare colpite dal suono d’una voce che non badava ad essere o no intesa.

L’uomo dalla voce allegra parlava russo, ma con un accento straniero, ed il suo interlocutore, più riservato, gli rispondeva nella medesima lingua, che non era nemmeno la sua lingua originale.

— Come, diceva il primo, come! voi su questo battello, mio caro confratello, voi che ho veduto alla festa imperiale di Mosca, ed intravveduto appena a Nijni-Novgorod?

— Proprio io, rispose il secondo asciutto asciutto.

— Ebbene, schiettamente, non mi aspettavo di essere seguíto così da vicino da voi.

— Io non vi seguo, signore, vi precedo.

— Precedo! precedo! mettiamo che si cammini di fronte e del medesimo passo come due soldati alla parata, e per ora almeno conveniamo che nessuno dei due passerà innanzi all’altro.

— Io vi passerò innanzi.

— La vedremo quando saremo sul teatro della guerra, ma fin là, diancine! siamo compagni di viaggio; più tardi avremo il tempo e l’occasione di essere rivali.

— Nemici.

— E sia pure nemici; voi avete nelle vostre parole, caro confratello, una precisione che mi va molto a sangue; con voi almeno si sa in che mondo si vive!

— E dov’è il male?

— Non ve n’è, e perciò alla mia volta vi chiederò il permesso di determinare la nostra condizione reciproca.

— Determinatela.

— Voi andate a Perm... come me?