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una festa al palazzo nuovo

arrestavano nei vani delle finestre, potevano scorgere alcuni campanili, i cui profili enormi si disegnavano confusamente nell’ombra; sotto i balconi scolpiti, vedevano passeggiare in silenzio numerose sentinelle coi fucili sulla spalla, ed il cui casco aguzzo aveva come un pennacchio di fiamma ai bagliori delle luci del palazzo. Udivano pure i passi cadenzati delle ronde sul selciato; ogni tanto il grido delle sentinelle si ripeteva di posto in posto, e talvolta una chiamata di tromba, mescendosi agli accordi dell’orchestra, gettava le sue note chiare fra le armonie generali; e più giù ancora, dinanzi alla facciata, masse scure si staccavano sui gran coni di luce riflessi dalle finestre del Palazzo Nuovo. Erano battelli che scendevano il corso d’un fiume, le cui acque, punteggiate dal bagliore vacillante di qualche fanale, bagnavano le fondamenta delle terrazze.

Il principale personaggio del ballo, quello che dava la festa, ed a cui il generale Kissoff aveva dato un attributo proprio dei sovrani, vestiva una semplice uniforme d’ufficiale dei cacciatori della guardia. Non era certo affettazione da parte sua, ma abitudine d’uomo poco amante del lusso. Le sue vesti contrastavano dunque coi costumi superbi che si mescevano intorno a lui, che soleva perfino mostrarsi a quel modo, il più delle volte, in mezzo alla sua scorta di Georgiani, di Cosacchi, di Lesghiani, squadroni abbaglianti, splendidamente vestiti delle più belle uniformi del Caucaso.

Questo personaggio, d’alta statura, d’aspetto affabile, dalla faccia serena ed in un pensosa, andava da un crocchio all’altro, ma parlava poco, ed anzi non pareva prestar quasi attenzione alle ciancie allegre dei giovani convitati, alle parole