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michele strogoff

cui la vigilia aveva urtato in qualche attendamento di zingari. Era un po’ fuori della città che si faceva la fiera di Nijni-Novgorod, con cui quella medesima di Lipsia non potrebbe gareggiare. In una vasta pianura, al di là del Volga, sorgeva il palazzo temporaneo del governatore generale, ed è là cha risiede solitamente quest’alto funzionario finchè dura la fiera, la quale, in grazia degli elementi di cui si compone, richiede una sorveglianza continua.

Questa pianura era allora coperta di case di legno, simmetricamente disposte in guisa da lasciar fra di loro dei viali larghi tanto da permettere alla folla di circolare liberamente. Una certa agglomerazione di quei casotti di ogni grandezza e di ogni foggia formava un quartiere differente, dedito ad un genere speciale di commercio. Vi era il quartiere delle ferramenta, il quartiere delle pelliccie, il quartiere delle lane, il quartiere dei legnami, il quartiere dei tessuti, il quartiere dei pesci secchi, ecc. Alcune case erano anzi costrutte di materiali singolarissimi, le une con tè in mattoni, altre con massi di carne salata, vale a dire coi campioni delle mercanzie che i loro proprietari spacciavano agli avventori. Bizzarra maniera di chiamare gli avventori, che sa dell’americano!

In quei viali, lungo quei passaggi, essendo il sole molto alto sull’orizzonte, perchè quel mattino si era levato prima delle quattro, la folla era grande. Russi, Siberiani, Tedeschi, Cosacchi, Turcomani, Persiani, Georgiani, Greci, Ottomani, Indiani, Chinesi, straordinario miscuglio d’Europei e di Asiatici cianciavano, discutevano, peroravano, trafficavano. Tutto ciò che si vende e si compera, pareva essere stato ammucchiato in quella piazza: