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michele strogoff

questi, una giovinetta si presentò alla portiera dello scompartimento occupato da Michele Strogoff. Vi era un posto vuoto in faccia al corriere dello czar; la giovinetta vi si assise, dopo aver deposto presso di sè una piccola valigia di cuojo che sembrava essere l’unico suo bagaglio, poi cogli occhi bassi, senza neppure guardare i compagni di viaggio datile dal caso, si acconciò per un tragitto che doveva durare alcune ore.

Michele Strogoff non potè trattenersi dal guardare attentamente la sua nuova vicina. Siccome la si trovava collocata in modo da camminare all’indietro, le offrì anzi il suo posto che poteva esser preferito, ma essa ringraziò inchinandosi leggermente.

La fanciulla poteva avere da sedici a diciassette anni. La sua testa, leggiadra veramente, avea il tipo slavo in tutta la sua purezza — tipo un po’ severo, che doveva farla più bella che vezzosa, quando alcuni anni di più avessero determinato meglio i suoi lineamenti. Da una specie di pezzuola che le avvolgeva il capo, le sfuggiva una profusione di capelli di color biondo dorato, gli occhi avea bruni con uno sguardo d’infinita dolcezza. Il naso dritto aderiva alle guancie un po’ magre e pallide, con nari leggermente mobili. La bocca sua era disegnata con finezza, ma pareva che da gran tempo avesse dimenticato il sorriso.

La giovane viaggiatrice era alta, svelta, per quanto si poteva giudicarne sotto l’ampia pelliccia semplicissima che la copriva. Benchè fosse ancora una giovinetta in tutta la purezza dell’espressione, lo sviluppo della sua fronte alta, la forma netta della parte inferiore del viso svelavano una grande energia morale, e ciò non isfuggì