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— 47 — da mosca a nijni-novgorod |
della guerra, e ne parlano con una libertà che deve stupire fra il Volga e la Vistola.»
I lettori del Daily Telegraph dovevano, come si vede, essere ben informati quanto la «cugina» di Alcide Jolivet.
Ed inoltre, siccome Harry Blount, seduto a mancina, non aveva visto che una parte della regione, che era piuttosto accidentata, senza darsi la noja di guardare alla sua diritta dove si sten devano lunghe pianure, non tralasciò di aggiungere con sussiego britannico:
«Paese montanoso fra Mosca e Wladimir.»
Pure era chiaro che il governo russo, di fronte ai gravi eventi, aveva preso qualche misura severa anche nell’interno dell’impero. La rivoluzione non aveva sorpassato le provincie siberiane, ma in questa provincia del Volga, nel paese dei Kirghizi, si poteva temere l’effetto delle influenze perniciose.
Infatti, la polizia non aveva potuto trovare le traccie di Ivan Ogareff. Codesto traditore, chiamando lo straniero per vendicare i suoi rancori personali, era egli andato a raggiungere Féofar-Kan, oppure cercava di fomentare la rivolta nel governo di Nijni-Novgorod, che a quel tempo dell’anno conteneva una popolazione composta di tanti elementi diversi? Non c’era fra quei Persiani, Armeni e Calmucchi che affluivano al gran mercato, qualche fido, incaricato di suscitare un movimento all’interno? Tutte le ipotesi erano possibili, segnatamente in un paese come la Russia.
Infatti questo vasto impero, che conta dodici milioni di chilometri quadrati, non può avere l’omogeneità degli Stati dell’Europa centrale. Fra i diversi popoli che lo compongono vi ha neces-