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— 46 — michele strogoff |
faceva tante domande oziose è che, in mezzo a tante risposte a cui davano occasione, sperava di cogliere qualche fatto interessante «per sua cugina;» ma naturalmente lo si pigliava per una spia, e non si diceva dinanzi a lui una parola che si riferisse agli avvenimenti del giorno. Vedendo dunque di non poter apprendere nulla intorno all’invasione tartara, scrisse sul suo taccuino:
«Viaggiatori d’una discrezione assoluta; in materia politica chiusi a catenaccio.»
E mentre Alcide Jolivet notava minuziosamente le sue impressioni di viaggio, il suo confratello, che viaggiava anch’esso nel medesimo convoglio e collo stesso fine, faceva il medesimo lavoro d’osservazione in un altro scompartimento. Nè l’uno nè l’altro non si erano incontrati quel giorno alla stazione di Mosca, ed ignoravano a vicenda di essere partiti per visitare il teatro della guerra.
Solamente Harry Blount, parlando poco ed ascoltando molto, non aveva come Alcide Jolivet ispirato ai compagni di viaggio la diffidenza. Non lo avevano preso per una spia, ed i suoi vicini, senza darsi pensiero di lui, cianciavano al suo cospetto, spingendosi anche più oltre di quello che la loro circospezione naturale avrebbe dovuto comportare. Il corrispondente del Daily-Telegraph aveva dunque potuto osservare come gli avvenimenti inquietassero quei mercanti che si recavano a Nijni-Novgorod, ed a qual punto il commercio coll’Asia centrale era minacciato nel suo transito.
Epperò non esitò a notare sul taccuino questa osservazione, che poteva essere più giusta:
«Viaggiatori inquietissimi; non si parla che