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da mosca a nijni-novgorod

inquieti sul loro commercio e sulle loro transazioni. Dopo d’aver requisiti i cavalli si requisiranno i battelli e le carrozze, tutti i mezzi di trasporto fino a che non sarà più permesso fare un passo in tutta l’estensione dell’impero.

— Temo proprio che la fiera di Nijni-Novgorod non finisca così brillantemente come ha incominciato, rispose il secondo interlocutore crollando il capo, ma la sicurezza e l’integrità del territorio russo innanzi tutto. Gli affari non sono altro che affari.

Se in questo scompartimento l’argomento delle conversazioni particolari variava poco, non variava di più negli altri vagoni del convoglio, ma da per tutto un osservatore avrebbe notato una gran circospezione nei discorsi. Se pure i viaggiatori si arrischiavano qualche volta nel terreno dei fatti, non si spingevano mai a presentire le intenzioni del governo moscovita, nè a giudicarle, ed è ciò che fu notato assai bene da uno dei viaggiatori d’un vagone che era messo a capo del convoglio.

Codesto viaggiatore, evidentemente straniero, guardava con tanto d’occhi e faceva venti domande, alle quali non si rispondeva se non evasivamente. Ad ogni istante, affacciandosi fuor della portiera, di cui teneva abbassato il vetro con gran dispetto dei suoi compagni di viaggio, non perdeva nulla dell’orizzonte di destra. Chiedeva il nome dei luoghi più indifferenti, la loro situazione, quale fosse il loro commercio, la loro industria, il numero dei loro abitanti, la media della mortalità secondo i sessi, ecc., e tutto ciò egli scriveva sopra un taccuino già carico di note.

Era il corrispondente Alcide Jolivet, e se egli