Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 98 — un dramma al messico |
Pablo e due uffiziali brandirono la spada e la pistola. Alcuni marinaj, con Jacopo alla testa, si slanciarono in loro ajuto; ma trattenuti subito dai ribelli, vennero disarmati e ridotti all’impotenza.
I soldati di marina e l’equipaggio si schierarono in tutta la larghezza della nave e mossero contro i loro uffiziali. Gli uomini fedeli, addossati al casseretto, non avevano più che un partito a prendere: avventarsi contro i ribelli.
Don Orteva appuntò la canna della sua pistola sopra Martinez.
In quel mentre, un razzo s’innalzò dal bordo dell’Asia.
— Vincitori! esclamò Martinez.
La palla di don Orteva si andò a perdere nello spazio.
Questa scena non fu lunga. Il capitano si acciuffò a corpo a corpo col luogotenente; ma, oppresso dal numero e gravemente ferito, dovette cedere. I suoi uffiziali, alcuni istanti dopo, ebbero la stessa sorte.
Furono allora issati dei fanali nelle manovre del brik per rispondere a quelli dell’Asia. La rivolta aveva pure scoppiato e trionfato a bordo del vascello. Il luogotenente Martinez era padrone della Constanzia, ed i suoi prigionieri furono gettati confusamente nella camera del consiglio.
Ma colla vista del sangue s’erano ravvivati gli istinti feroci dell’equipaggio. Non bastava aver vinto, bisognava uccidere.
— Sgozziamoli! esclamarono molti di quei furenti. A morte! I morti non parlano più.
Il luogotenente Martinez, alla testa degli ammutinati sanguinarî, si slanciò verso la camera