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la notte dal 5 al 6 ottobre


Ivan Ogareff spiava con visibile ansietà il suo strano avversario. Quella calma sovrumana agiva sopra di lui. Invano, facendo appello alla propria ragione, pensava egli che, nella disuguaglianza di un simile duello, tutto il vantaggio era in suo favore! L’immobilità del cieco gli agghiacciava il sangue. Egli aveva cercato cogli occhi il punto in cui doveva colpire la sua vittima... L’aveva trovato!... E perchè dunque non feriva?

Finalmente diè un balzo e tirò un colpo di spada al petto di Michele Strogoff.

Un movimento impercettibile del coltello del cieco parò il colpo. Michele Strogoff non era stato toccato, e parve aspettare freddamente un secondo assalto.

Un gelido sudore rigava la fronte d’Ivan Ogareff. Rinculò egli d’un passo, e s’avventò di nuovo. Ma questo secondo colpo fu vano al par del primo. Una semplice parata del largo coltello aveva bastato a far sviare l’inutile spada del traditore.

Costui, pazzo di rabbia e di terrore in faccia alla statua vivente, fermò gli sguardi paurosi su gli occhi sbarrati del cieco. Questi occhi, che sembravano leggere fino in fondo dell’anima sua, e che pur non vedevano, non potevano vedere, questi occhi avevano sopra di lui una specie di fascino spaventoso.

Ad un tratto, Ivan Ogareff mandò un grido. Una luce nuova si era fatta nel suo cervello.

— Egli vede! esclamò, egli vede!...

E, come belva che cerchi rientrare nella sua tana, a passo a passo atterrito, rinculò fino in fondo alla sala.

Allora la statua si animò, il cieco mosse dritto

6 — Michele Strogoff. Vol. IV.