Pagina:Michele Strogoff.djvu/419


— 75 —

la notte dal 5 al 6 ottobre

sti, e gli obici solcavano l’aria. Stavolta, invece, nulla.

Il gran duca, il generale Voranzoff, i loro ajutanti di campo, aspettavano dunque, pronti a dare gli ordini secondo le circostanze.

Si sa che Ivan Ogareff occupava una camera del palazzo. Era una sala abbastanza vasta, situata a terreno e le cui finestre mettevano in una terrazza laterale. Bastava fare alcuni passi sulla terrazza per dominare il corso dell’Angara.

Una profonda oscurità regnava in quella sala.

Ivan Ogareff, ritto accanto ad una finestra, aspettava che giungesse l’ora di agire. Evidentemente, il segnale non poteva venire che da lui; e una volta dato questo segnale, quando la maggior parte dei difensosi d’Irkutsk fossero stati chiamati ai punti attaccati apertamente, egli si proponeva di lasciare il palazzo e di andare a compiere l’opera sua.

Aspettava dunque nelle tenebre come una belva pronta ad avventarsi.

Pochi minuti prima delle due, il gran duca chiese di Michele Strogoff — era il solo nome ch’egli potesse dare ad Ivan Ogareff. — Un ajutante di campo si recò alla camera di lui, la cui porta era chiusa, e chiamò....

Ivan Ogareff, immobile, presso la finestra ed invisibile nell’ombra, si guardò bene dal rispondere.

Fu dunque riferito al gran duca che il corriere dello czar non era in quel momento in palazzo.

Suonarono le due. Era l’ora di far compiere la diversione convenuta coi Tartari, preparati all’assalto.

Ivan Ogareff aprì la finestra della sua camera, ed andò a mettersi nell’angolo nord della terrazza laterale.