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la notte dal 5 al 6 ottobre

di Tartari che aspettavano sotto il fitto delle foreste dell’est.

Tutta questa giornata, la popolazione e la guarnigione d’Irkutsk furono continuamente alle vedette. Erano state prese le precauzioni che suggeriva un attacco imminente dei punti fino allora rispettati. Il gran duca ed il generale Voranzoff visitarono i posti rinforzati per ordine loro. Il corpo scelto di Wassili Fédor occupava il nord della città, ma con ordine di portarsi là dove il pericolo fosse più stringente. La riva destra dell’Angara era stata guarnita della poca artiglieria di cui si era potuto disporre. Con queste precauzioni, prese in tempo, grazie alle raccomandazioni fatte così opportunamente da Ivan Ogareff, vi era ragione di sperare che l’attacco preparato non avesse a riuscire. In tal caso, i Tartari, momentaneamente scoraggiati, dovevano senza dubbio differire ad altro giorno un nuovo tentativo contro la città. Ora le truppe aspettate dal gran duca potevano giungere da un momento all’altro. La salvezza d’Irkutsk pendeva dunque da un filo.

Quel giorno, il sole, che si era levato alle sei e venti minuti, tramontava alle cinque e quaranta, dopo aver tracciato per undici ore il suo arco diurno sopra l’orizzonte. Il crepuscolo doveva lottare contro la notte ancora per due ore. Poi, lo spazio sarebbe invaso da folte tenebre, poichè grossi nugoli si arrestavano nell’aria, e non doveva apparire la luna, che era in congiunzione.

L’oscurità profonda doveva favorir meglio i disegni d’Ivan Ogareff.

Già da qualche giorno, un freddo vivissimo preludiava ai rigori dell’inverno siberiano, e quella sera era più sensibile. I soldati appostati sulla riva