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un corriere dello czar


Il gran duca si calmò e fece comprendere con un cenno ad Ivan Ogareff che non dubitava della sua veracità.

— In che giorno ebbe luogo questa battaglia di Krasnoiarsk.

— Il 2 settembre.

— Ed ora tutte le truppe tartare sono concentrate intorno ad Irkutsk?

— Tutte.

— Ed a quanti uomini ascendono, a parer tuo?

— A quattrocentomila.

Era un’altra esagerazione di Ivan Ogareff, sempre allo scopo di atterrire gli assediati.

— Ed io non devo aspettarmi verun ajuto dalle provincie dell’ovest? domandò il gran duca.

— Veruno, Altezza, almeno prima dell’inverno.

— Ebbene, ascolta questo, Michele Strogoff. Se anche nessun soccorso dovesse giungermi mai dall’ovest, e dall’est, e fossero seicentomila i barbari, io non cederò Irkutsk.

L’occhio minaccioso di Ivan Ogareff mandò un lampo. Il traditore pareva dire che il fratello dello czar faceva i suoi conti senza il tradimento.

Il gran duca, che era di temperamento nervoso, cercava di mantenersi pacato apprendendo queste notizie disastrose. Egli andava e veniva per la sala, sotto gli occhi di Ivan Ogareff, che lo guardava come una preda riservata alla sua vendetta. Egli si arrestava dinanzi alle finestre, guardava i fuochi del campo tartaro, cercava di cogliere i rumori, la maggior parte dei quali provenivano dall’urto dei massi di ghiaccio trascinati dalla corrente dell’Angara.

Passò un altro quarto d’ora senza ch’egli facesse veruna domanda. Poi, ripigliando la lettera, ne rilesse un periodo, e disse: