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michele strogoff

corpo scelto. Non ignorano essi che in questi corpi bisogna saper farsi ammazzare fino all’ultimo?

— Non lo ignorano, rispose Wassili Fédor.

— Essi vogliono te per capo.

— Me, altezza?

— Acconsenti tu di metterti alla loro testa?

— Sì, se il bene della Rnssia lo vuole.

— Comandante Fédor, disse il gran duca, tu non sei più esiliato.

— Grazie, Altezza, ma posso io comandare a coloro che sono ancora in esilio?

— Sono liberi anch’essi.

Era la grazia di tutti i suoi compagni d’esilio, ormai suoi compagni d’armi, che gli accordava il fratello dello czar?

Wassili Fédor strinse commosso la mano che gli veniva pôrta dal gran duca, ed uscì.

Costui, volgendosi allora verso i suoi ufficiali, disse sorridendo:

— Lo czar non rifiuterà di accettare la lettera di grazia che io faccio sopra di lui! Ci occorrono degli eroi per difendere la capitale della Siberia, ed io ne ho fatto.

Era, in verità, un atto di buona giustizia e di buona politica questa grazia generosamente accordata agli esiliati d’Irkutsk.

Era scesa la notte. Attraverso le finestre del palazzo brillavano i fuochi del campo tartaro, scintillanti al di là dell’Angara. Il fiume trasportava numerosi massi di ghiaccio, alcuni dei quali s’arrestavano contro le prime palafitte dei vecchi ponti di legno. Quelli che la corrente manteneva nel canale andavano alla deriva con estrema rapidità. Era evidente, come aveva fatto osservare