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torio europeo. Risultava dunque da questa circostanza, che in Siberia, vale a dire quando avesse ad attraversare le provincie sollevate, non potrebbe nè far da padrone nei cambi dei cavalli, nè farsi dar cavalli a preferenza di chicchessia, nè requisire i mezzi di trasporto per uso suo personale. Michele Strogoff non doveva dimenticarlo: egli non era più un corriere, ma un semplice mercante: Nicola Korpanoff, che andava da Mosca ad Irkutsk e, come tale, soggetto a tutti i casi d’un viaggio ordinario.

Passare non visto, più o meno rapidamente, ma passare, tale doveva essere il suo programma. Trent’anni sono, la scorta d’un viaggiatore ricco non comprendeva meno di dugento Cosacchi a cavallo, dugento fanti, venticinque cavalieri baskiri, trenta camelli, quattrocento cavalli, venticinque carri, due battelli portatili e due cannoni. Tale era il materiale necessario per un viaggio in Siberia.

Quanto a lui, Michele Strogoff, non avrebbe nè cannoni, nè cavalieri, nè fanti, nè animali da tiro; andrebbe in carrozza od a cavallo quando potesse; a piedi se fosse necessario.

Le prime 1400 verste (1493 chilometri), che misurano la distanza compresa fra Mosca e la frontiera russa, non dovevano presentare alcuna difficoltà. Ferrovia, carrozze da posta, battelli a vapore, cavalli di ricambio, erano a disposizione di tutti, e perciò anche del corriere dello czar.

Dunque, quel mattino medesimo del 16 luglio, svestita la sua uniforme, munitosi d’una valigia che portava sulle spalle, con indosso un semplice costume russo, tunica serrata alla cintola, cintura tradizionale del mujik, larghi calzoni, stivali cin-