Pagina:Michele Strogoff.djvu/391


— 47 —

irkutsk


Giunto ai confini dell’impero moscovita, il gran duca tornava verso Irkutsk, dove faceva il conto di ripigliare la via d’Europa, quando gli giunsero le notizie di quella invasione minacciosa ed improvvisa. S’affrettò a rientrare nella capitale, ma, quando vi giunse, le comunicazioni colla Russia stavano per essere interrotte. Egli ricevette ancora qualche telegramma da Pietroburgo e da Mosca, e potè anche rispondere. Poi il filo fu reciso nelle circostanze che sono note.

Irkutsk era isolata dal rimanente del mondo.

Il gran duca non aveva più altro a fare che preparare la resistenza; ed è ciò che fece con quella fermezza e freddezza d’animo di cui diede incontrastabili prove in altre occasioni.

Giunsero successivamente ad Irkutsk lo notizie della presa di Ichim, di Omsk, di Tomsk. Bisognava dunque ad ogni costo salvare dall’occupazione la capitale della Siberia. Non bisognava fare assegnamento sui prossimi soccorsi, perchè le poche truppe sparse nella provincia d’Amur e nel governo di Irkutsk non potevano giungere in tal numero da arrestare le colonne tartare. Ora, posto che Irkutsk non poteva sfuggire all’assalto, importava anzitutto mettere la città in grado di resistere ad un assedio lungo.

Tali lavori furono incominciati il giorno in cui Tomsk cadeva nelle mani dei Tartari. Insieme con questa gran notizia, il gran duca apprendeva che l’Emiro di Bukara ed i kani alleati dirigevano in persona il movimento; ignorava però che il luogotenente di questi capi barbari fosse Ivan Ogareff, un officiale russo che aveva egli medesimo degradato e che non conosceva di persona.

Come si è detto, s’incominciò ad ordinare agli