Pagina:Michele Strogoff.djvu/367


— 23 —

baikal ed angara

vano lasciato da tre mesi quella città di Arcangelo, a cui certi viaggiatori trovano con ragione la fisionomia d’una città dell’Oriente. Essi avevano visitato le isole Sante, presso alla costa di Carelia, il convento di Solovetsk, il convento di Troitsa, quelli di Sant’Antonio e Santa Teodosia a Kiev, l’antica favorita dei Jagelloni, il monastero di Simeonof a Mosca, quello di Kazan, al pari della sua chiesa dei Vecchi Credenti, e si recavano ad Irkutsk, portando la sottana ed il cappuccio di sajo.

Quanto al ministro era un semplice prete di villaggio; uno di quei seicentomila pastori popolari che conta l’impero russo. Era vestito miseramente al pari dei mujik, e non era niente di meglio di essi, in verità, non avendo verun potere nè dignità nella Chiesa, coll’unica facoltà di battezzare, di sposare, di seppellire e di lavorare come un contadino il suo pezzo di terra. Egli aveva potuto sottrarre la moglie ed i figliuoli alla brutalità dei Tartari, relegandoli nelle provincie del Nord, ed era rimasto nella sua parrocchia fino all’ultimo momento; poi aveva dovuto fuggire, ma essendo chiusa la via d’Irkutsk, gli era toccato spingersi fino al lago Baikal.

Questi diversi religiosi, radunati a prua della zattera, pregavano ad intervalli regolari, alzando la voce in mezzo a quella notte silenziosa, ed alla fine d’ogni versetto della preghiera usciva dalla loro bocca, lo Slava Bogu, gloria a Dio.

Nessun incidente segnalò la navigazione. Nadia era rimasta immersa in una profonda meditazione. Michele Strogoff aveva vegliato accanto a lei. Il sonno non aveva preso su di lui se non a lunghi intervalli, ed il suo pensiero vegliava sempre medesimamente.