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— 19 — baikal ed angara |
biancavano già le vette circostanti del Baikal. Durante l’inverno siberiano, questo mare interno, congelato per una grossezza di molti piedi, è solcato dalle slitte dei corrieri e dalle carovane.
Sia che si manchi spesso ai riguardi dovuti, chiamandolo il signor lago, o per qualunque altra ragione più meteorologica, il Baikal è soggetto a violenti tempeste. Le sue onde, brevi come quelle di tutti i Mediterranei, sono molto temute dalle zattere, dalle prame, dai battelli che lo solcano d’estate.
Era alla punta sud-ovest del lago che Michele Strogoff era arrivato, portando Nadia, tutta la cui vita si concentrava per così dire negli occhi. Che potevano essi aspettarsi in questa parta selvaggia della provincia, fuorchè morirvi di stanchezza e d’inedia? Eppure, quanto rimaneva a fare di quel lungo tragitto di seimila verste perchè il corriere dello czar avesse a raggiungere il suo scopo! Null’altro che sessanta verste sul litorale del lago, fino alla foce dell’Angara, ed ottanta verste dalla foce dell’Angara fino ad Irkutsk: in tutto centoquaranta verste, ossia tre giorni di viaggio per un uomo valido e vigoroso, anche a piedi.
Poteva egli, Michele Strogoff, essere quest’uomo?
Il cielo, senza dubbio, non voleva metterlo a tal prova. La fatalità che lo perseguitava parve volerlo risparmiare un istante. Quest’estremità del Baikal, questa porzione della steppa che egli credeva deserta, e tale è infatti in ogni tempo, non lo era allora.
Una cinquantina d’individui stavano riuniti nell’angolo che forma la punta sud-ovest del lago.
Nadia vide subito quel crocchio, appena Michele