Pagina:Michele Strogoff.djvu/357


— 13 —

nella steppa


Molte volte Nadia fu costretta ad arrestarsi. Michele Strogoff la pigliava allora nelle sue braccia, e non avendo da pensare alla stanchezza della giovinetta, camminava più spedito e col suo passo infaticabile.

Il 18 settembre, alle dieci pomeridiane, giunsero finalmente entrambi a Kimilteiskoe. Dall’alto d’una collina, Nadia vide una linea un po’ meno oscura all’orizzonte. Era il Dinka. Alcuni baleni si riflettevano nelle acque, baleni senza tuono, che illuminavano lo spazio.

Nadia condusse il suo compagno attraverso la borgata ruinata. La cenere degli incendî era fredda. Da cinque o sei giorni almeno gli ultimi Tartari erano passati.

Giunti alle ultime case della borgata, Nadia si lasciò cadere sopra una panca di pietra.

— Ci fermiamo? domandò Michele Strogoff.

— È venuta la notte, Michele, rispose Nadia. Non vuoi tu riposarti qualche ora?

— Avrei voluto passare il Dinka, rispose Michele Strogoff, avrei voluto metterlo fra noi e l’avanguardia dell’Emiro. Ma tu non puoi più nemmeno trascinarti, mia povera Nadia!

— Vieni, Michele, rispose la fanciulla pigliando per mano il suo compagno.

Era a due o tre verste di là che il Dinka tagliava la strada d’Irkutsk. Quest’ultimo sforzo che le chiedeva il suo compagno la giovinetta volle tentarlo. Camminarono dunque entrambi alla luce dei lampi. Attraversavano allora un deserto senza confini, in mezzo ai quali si perdeva il piccolo fiume. Non un albero, non un monticolo su quella vasta pianura che ricomincia la steppa siberiana. Non un soffio attraversava l’ammosfera, la cui calma