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michele strogoff

Due volte al giorno si fermavano. Si riposavano sei ore ogni notte. In alcune capanne, Nadia trovò ancora un po’ di quella carne di montone così comune in quel paese, che non vale più di due kopek e mezzo alla libbra.

Ma, contrariamente forse a quello che Michele Strogoff, aveva sperato, non v’era nella contrada alcuna bestia da soma. Cavalli, camelli, ogni animale era stato preso o trucidato. Bisognava dunque proseguire a piedi attraverso la steppa interminabile.

Le traccie della terza colonna che si dirigeva sopra Irkutsk non mancavano. Qui un cavallo morto, colà un carro abbandonato. I corpi dei disgraziati Siberiani segnavano pure la strada, tanto più all’ingresso dei villaggi. Nadia, vincendo la propria ripugnanza guardava tutti quei cadaveri!....

In sostanza, il pericolo non era avanti, ma indietro. L’avanguardia della principale armata dell’Emiro, diretta da Ivan Ogareff, poteva apparire da un momento all’altro. Le barche mandate dall’Yenisei inferiore aveano dovuto giungere a Krasnoiarsk e servire subito al passaggio del fiume. La via era libera allora per gli invasori, perchè nessun corpo russo poteva opporsi loro fra Krasnoiarsk ed il lago Baikal. Michele Strogoff, s’aspettava dunque l’arrivo dell’avanguardia tartara.

Perciò, ad ogni fermata, Nadia saliva su qualche altura e guardava attentamente verso l’ovest, ma nessun turbine di polvere segnalava ancora l’apparizione d’un drappello a cavallo.

Poi venivano riprese le mosse, e quando Michele Strogoff sentiva che era lui che trascinava la povera Nadia, proseguiva a passo meno rapido.