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michele strogoff

una casa, non una capanna in vista. Gli ultimi Tartari si perdevano in lontananza. Michele Strogoff e Nadia erano proprio soli.

— Che faranno del nostro amico? esclamò la giovinetta. Povero Nicola! Il nostro incontro gli sarà stato fatale!

Michele Strogoff non rispose.

— Michele, soggiunse Nadia, non sai tu ch’egli ti ha difeso quando eri insultato dai Tartari e che ha rischiato la vita per me?

Michele Strogoff taceva sempre. Immobile, colla testa appoggiata sulle mani, a che pensava egli? Benchè non rispondesse, udiva almeno le parole di Nadia?

Sì, le udiva, perchè, quando la giovinetta aggiunse:

— Dove ti condurrò io, Michele?

— Ad Irkutsk! rispose egli.

— Per la via maestra?

— Sì, Nadia.

Michele Strogoff era rimasto l’uomo che aveva fatto giuramento d’arrivare a qualunque costo alla sua meta. Seguire la via maestra era andarvi per la via più breve — salvo a cacciarsi nei campi se apparisse l’avanguardia di Féofar-Kan.

Nadia ripigliò la mano di Michele Strogoff, e si posero in cammino.

Il domattina, 12 settembre, venti verste più lungi, al borgo di Tulunovskoe, facevano entrambi una breve fermata.

Il borgo era incendiato e deserto. Tutta notte, Nadia aveva cercato se il cadavere di Nicola non fosse stato abbandonato sulla strada, ma invano essa guardò le rovine e frugò fra i morti. Finora Nicola sembrava risparmiato. Ma non lo si riser-