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michele strogoff

afferrando con braccio vigoroso la briglia del cavallo, gli diede un tale impulso che riuscì a spingerlo fuor del raggio d’attrazione; ripresa subito dalla rapida corrente, la kibitka andò alla deriva con velocità nuova.

— Evviva! esclamò Nicola.

Due ore soltanto dopo aver lasciato il porto di sbarco, la kibitka aveva attraversato il gran braccio del fiume e veniva a toccare il margine di un’isola a più di sei verste sotto il suo punto di partenza.

Colà il cavallo tirò un’altra volta la carretta sulla riva e venne data un’ora di riposo al coraggioso animale. Poi l’isola fu attraversata in tutta la sua larghezza, all’ombra delle sue magnifiche betulle, e la kibitka si trovò in riva al piccolo braccio dell’Yenisei.

Questa seconda traversata fu più facile. Nessun turbine rompeva il corso del fiume in questo secondo letto, ma la corrente n’era tanto rapida, che la kibitka non toccò la riva destra se non a cinque verste a valle. In tutto aveva perduto undici verste.

Questi gran corsi d’acqua del territorio siberiano, sui quali non fu gettato ancora verun ponte, sono ostacoli seri alla facilità di comunicazione. Tutti erano stati più o meno funesti a Michele Strogoff. Sull’Irtyche, la chiatta che lo traghettava con Nadia era stata assalita dai Tartari. Sull’Obi, aveva avuto il cavallo colpito da una palla ed era scampato come per miracolo ai cavalieri che l’inseguivano. A tirar bene i conti questo dell’Yenisei era stato il meno disgraziato.

— Non sarebbe stato tanto divertente, esclamò Nicola fregandosi le mani, nello sbarcare sulla