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il passaggio dell’yenisei


— Vedi tu un battello? domandò Michele Strogoff.

— Non ne vedo alcuno, rispose Nicola.

— Guarda bene, amico, su questa riva e sull’altra, fin dove giunge la tua vista. Non vedi un battello, una barca, un canotto di corteccia?

Nadia e Nicola, aggrappandosi alle ultime betulle della ripa, si erano curvati sopra il fiume. Il campo offerto ai loro sguardi era immenso. L’Yenisei in quel punto non misura meno d’una versta e mezza, e forma due bracci, di diversa importanza, che le acque seguono rapidamente. Fra questi bracci riposano molte isole piantate di ontani, di salici e di pioppi, che sembrano tante navi verdeggianti tagliate nei flutti. Al di là si scaglionano le alte colline della riva orientale, coronate di foreste le cui vette s’imporporavano di luce. A monte ed a valle l’Yenisei si prolunga a perdita d’occhio. Tutto quell’ammirabile panorama si presentava allo sguardo in un perimetro di cinquanta verste.

Ma non una barca nè sulla riva sinistra, nè sulla destra, nè sul margine delle isole. Erano state tutte portate via o distrutte. Certissimamente se i Tartari non facevano venire dal sud un materiale necessario a fare un ponte di barche, le loro mosse verso Irkutsk dovevano essere arrestate un pezzo davanti a questa barriera del Yenisei.

— Io mi ricordo, disse Michele Strogoff, che v’ha più su, presso alle ultime case di Krasnoiarsk, un piccolo porto. Gli è là che le chiatte s’accostano. Amico, risaliamo il corso del fiume, e vedi un po’ se qualche barca non fu dimenticata sulla riva.

Nicola si slanciò nella direzione indicata. Nadia

7 — Michele Strogoff. Vol. III.