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un amico da strada maestra


— Non lo credi, babbo mio, rispose Nicola Pigassof. Credi tu che andranno fino ad Irkutsk?

— Lo temo, rispose Michele Strogoff.

— Sì... hai ragione. Essi hanno seco un cattivaccio che non li lascierà raffreddare per istrada.

— Hai tu inteso parlare d’Ivan Ogareff?

— Sì.

— E sai tu che è una gran furfanteria tradire il proprio paese?

— Sì, è una gran furfanteria! rispose Michele Strogoff, che volle serbarsi impassibile.

— Babbo mio, soggiunse Nicola, mi pare che tu non t’adiri abbastanza quando si parla dinanzi a te d’Ivan Ogareff! Ogni cuore russo deve dare un balzo quando si pronuncia questo nome!

— Credimi, amico, io l’odio più di quello che tu non potrai odiarlo mai, disse Michele Strogoff.

— Non è possibile, rispose Nicola, no, non è possibile! quand’io penso ad Ivan Ogareff, al male ch’egli fa alla nostra santa Russia, la collera mi piglia, e s’io l’avessi in mano...

— Se tu l’avessi in mano, che faresti?

— Credo che l’ucciderei.

— Ed io ne sono sicuro, rispose tranquillamente Michele Strogoff.


CAPITOLO VII.

il passaggio dell’yenisei.


Il 25 agosto, al cader del giorno, la kibitka giungeva in vista di Krasnoiarsk. Il viaggio da Tomsk aveva durato otto giorni. Se non s’era compiuto più rapidamente, per quanto Michele Strogoff ci si fosse adoperato, dipendeva sopratutto