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un amico da strada maestra


Michele Strogoff e Nadia lasciarono Samilowskoe e ripresero quella penosa strada d’Irkutsk. La giovinetta resisteva energicamente alla fatica. Se Michele Strogoff l’avesse veduta, forse non avrebbe avuto il coraggio d’andar più lontano. Ma Nadia non si lamentava, e Michele Strogoff, non intendendo un sospiro, camminava con una fretta che non era padrone di reprimere. E perchè? Poteva egli dunque sperare di passar innanzi un’altra volta ai Tartari? Egli era a piedi, senza danaro, era cieco, e se Nadia, sua unica guida, venisse a mancargli, non avrebbe più che a coricarsi sopra un canto della via e morirvi miseramente! Ma se, a forza di energia, giungeva a Krasnoiarsk, tutto non era forse perduto, poichè il governatore, a cui egli si darebbe a conoscere, non esiterebbe a dargli i mezzi di giungere ad Irkutsk.

Michele Strogoff camminava dunque assorto nei proprî pensieri. Egli teneva Nadia per mano. Così entrambi erano in comunicazione incessante, e pareva loro di non aver più bisogno della parola per scambiare il loro pensiero. Ogni tanto Michele Strogoff diceva:

— Parlami, Nadia.

— A qual pro’, Michele? Noi pensiamo insieme! rispondeva la giovinetta, facendo in guisa che la sua voce non svelasse alcuna stanchezza.

Ma talvolta, come se il suo cuore avesse un istante cessato di battere, le sue gambe piegavano, il suo passo rallentava, si tendeva il suo braccio, ed essa rimaneva indietro. Allora Michele Strogoff s’arrestava, e fissava gli occhi suoi sulla povera fanciulla, come se avesse cercato di vedere attraverso l’ombra che gli nascondeva la luce.

6 — Michele Strogoff. Vol. III.