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michele strogoff

ditore mi ritroverà un giorno faccia a faccia! Ma bisogna ch’io giunga prima di lui ad Irkutsk.

— E tu parli di separarci, Michele? soggiunse la giovinetta.

— Nadia, i miserabili mi hanno preso ogni cosa!

— Mi rimangono alcuni rubli ed i miei occhi! Io posso vederci per te, Michele, e condurti là dove tu non puoi più andar solo!

— E come andremo noi?

— A piedi.

— E come vivremo?

— Mendicando.

— Partiamo, Nadia.

— Vieni, Michele.

I due giovani non si davano più il nome di fratello e di sorella. Nella loro comune miseria, essi si sentivano più strettamente legati l’uno all’altra. Lasciarono entrambi la casa dopo essersi riposati un’ora. Nadia, correndo per il paese, s'era procurata qualche tozzo di tchornekhleb, specie di pane fatto con orzo, ed un po’ di quell’idromele, conosciuto col nome di méod in Russia. Tutto codesto non le era costato nulla, perchè essa aveva cominciato il suo mestiere di Mendicante. Quel pane e quell’idromele avevano alla meglio quetato la fame e la sete di Michele Strogoff. Nadia gli aveva serbato la maggior porzione di quel cibo insufficiente. Egli mangiava i pezzi di pane che la sua compagna gli presentava l’uno dopo l’altro, e beveva alla fiaschetta ch’essa gli accostava alle labbra.

— E tu mangi, Nadia? le chiese più volte Michele Strogoff.

— Sì, Michele, rispondeva sempre la giovinetta che s’accontentava dei resti del suo compagno.