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guarda, dunque, guarda!

sua madre, che aveva perduti i sensi e forse era morta.

S’udivano da lungi le grida, i chiassi, le trombe. Tomsk illuminata brillava come una città in festa.

Michele Strogoff porse l’orecchio, la piazza era silenziosa e deserta.

Egli si trascinò tentoni verso il luogo in cui sua madre era caduta; la trovò colla mano, si curvò sopra di lei, accostò la faccia alla sua, ascoltò i battiti del suo cuore. Poi si sarebbe detto che le parlasse a bassa voce.

La vecchia Marfa viveva essa ancora, ed intese ciò che le disse suo figlio?

Ad ogni modo, essa non fece nissun movimento.

Michele Strogoff ne baciò la fronte ed i capelli bianchi. Poi si rialzò, e tentando col piede il suolo per guidarsi, camminò a poco a poco verso l’estremità della piazza.

A un tratto apparve Nadia.

Essa mosse dritto verso il suo compagno. Con un pugnale che aveva in mano recise le corde che legavano le braccia di Michele Strogoff.

Costui, cieco, non sapeva chi lo sciogliesse, poichè Nadia non aveva proferita parola. Ma ciò fatto:

— Fratello! diss’ella.

— Nadia! mormorò Michele Strogoff, Nadia!

— Vieni! fratello, rispose Nadia. I miei occhi saranno gli occhi tuoi in avvenire, e sono io che ti condurrà ad Irkutsk!