Pagina:Michele Strogoff.djvu/296


— 72 —

michele strogoff


Non era di morte, ma di cecità cho doveva essere colpito Michele Strogoff. Il disgraziato era condannato ad essere cieco!

Pure, udendo la pena pronunciata dall’Emiro, Michele Strogoff non venne meno. Egli stette impassibile, cogli occhi spalancati, come se avesse voluto concentrar tutta la sua vita in un ultimo sguardo. Supplicare questi uomini feroci era inutile, e d’altra parte indegno di lui. Non vi pensò neppure. Tutto il suo pensiero si concentrò sulla sua missione irrevocabilmente perduta, sopra sua madre, sopra Nadia che non doveva rivedere mai più. Ma egli non lasciò scorgere nulla della commozione che provava.

Il desiderio d’una vendetta da compiere ad ogni costo invase tutto l’esser suo. Si volse ad Ivan Ogareff.

— Ivan Ogareff, diss’egli con voce minacciosa, Ivan il traditore, l’ultima minaccia de’ miei occhi sarà per te!

Ivan Ogareff si strinse nelle spalle.

Ma Michele Strogoff s’ingannava. Non era guardando Ivan Ogareff che gli occhi suoi dovevano spegnersi per sempre.

Marfa Strogoff s’era drizzata dinanzi a lui.

— Madre mia! esclamò egli. Sì, sì, a te il mio sguardo supremo, e non a questo miserabile! Resta là, dinanzi a me! Fa ch’io veda ancora la tua faccia diletta, che i miei occhi si chiudano guardandoti!...

La vecchia siberiana, senza proferire parola, s’avanzava.

— Cacciate quella donna! disse Ivan Ogareff. Due soldati respinsero Marfa Strogoff, la quale indietreggiò, ma stette in piedi a pochi passi da suo figlio.