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guarda, dunque, guarda!


Ma stavolta Alcide Jolivet notò che l’esecutore non teneva più in mano la sciabola nuda.

Frattanto il sole scendeva sull’orizzonte, e le ombre cominciarono ad invadere la campagna. Il fitto dei cedri e dei pini si faceva sempre più nero, e le acque del Tom, oscurate in lontananza, si confondevano nelle prime brume. L’ombra non poteva tardare a giungere all’altipiano che dominava la città.

Ma, in quell’istante, molte centinaja di schiave, portando torcie accese, invasero la piazza. Spinte da Sangarre, zingare e Persiane riapparvero dinanzi al trono dell’Emiro e fecero spiccare, col contrasto, le loro svariatissime danze. Gl’istrumenti dell’orchestra tartara si scatenarono in un’armonia più selvaggia, accompagnata dalle grida gutturali dei cantatori. I cervi volanti, ch’erano stati ricondotti a terra, spiccarono di nuovo il volo, sollevando tutta una costellazione di lanterne molticolori, e le loro arpe vibrarono con maggior intensità sotto la brezza più fresca, in mezzo a questa luminosa ed aerea illuminazione.

Poi, uno squadrone di Tartari, nel loro costume di guerra, venne a mescersi alle danze, la cui furia andava crescendo, e allora cominciò una fantasia pedestre che faceva il più strano effetto.

Quei soldati, armati di sciabole nude e di lunghe pistole, volteggiando in mille guise, fecero echeggiar l’aria di spari e di continue schioppettate che si staccavano dal rullo dei tamburelli, dal mugolío dei daire e dallo stridere delle dutar. Le loro armi, cariche di polvere colorata, alla maniera chinese, da qualche ingrediente metallico, lanciavano lunghi zampilli rossi, verdi, azzurri, e si avrebbe detto allora che tutti quei