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l’entrata trionfale


Ivan Ogareff presentò all’Emiro i suoi principali uffiziali, e Féofar-Kan, senza smettere la freddezza che faceva il fondo della sua dignità, li accomiatò in guisa che rimanessero soddisfatti.

Così almeno interpretarono la cosa Harry Blount ed Alcide Jolivet, i due inseparabili, oramai associati per la caccia alle notizie. Dopo d’aver lasciato Zabédiero, essi erano giunti rapidamente a Tomsk col fermo proposito di piantar per istrada i Tartari e di raggiungere al più presto qualche corpo russo, e se fosse possibile di gettarsi con esso in Irkutsk. Quello che avevano veduto dell’invasione, dei saccheggi, degl’incendî, delle carneficine, li aveva profondamente stomacati, ed avevano fretta di essere nelle file dell’armata siberiana.

Per altro Alcide Jolivet aveva fatto comprendere al suo confratello ch’egli non poteva lasciar Tomsk senza aver qualche notizia su quell’entrata trionfale delle truppe tartare — non fosse altro che per soddisfare la curiosità di sua cugina — ed Harry Blount s’era indotto a rimanere alcuno ore. Ma la sera medesima tutti e due dovevano ripigliare la strada d’Irkutsk, e con buoni cavalli speravano di passar innanzi agli esploratori dell’Emiro.

Alcide Jolivet ed Harry Blount s’erano frammischiati alla folla, e guardavano in modo da non perdere alcun particolare di una festa che doveva fornir loro cento buone linee di cronaca. Essi ammirarono dunque Féofar-Kan nella sua magnificenza, le sue mogli, i suoi ufficiali, le sue guardie e tutta quella pompa orientale di cui le cerimonie d’Europa non possono dare alcuna idea. Ma ritrassero gli occhi con dispregio quando Ivan