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michele strogoff

poteva farla parlare, ed aveva fatto il sacrifizio della sua vita.

Marfa Strogoff, afferrata da due soldati, fu buttata ginocchioni a terra. La sua veste lacerata, mostrò a nudo il dorso. Una sciabola le fu posta dinanzi al petto a pochi pollici. Se mai essa piegasse sotto il dolore, il suo petto doveva essere trapassato da quella punta.

Il Tartaro stava ritto accanto a lei aspettando.

— Avanti! disse Ivan Ogareff.

Lo staffile fischiò in aria...

Ma, prima che avesse colpito, una poderosa mano l’aveva strappato da quella del Tartaro.

Michele Strogoff era là! Egli aveva dato un balzo a quella orribile scena! Se alla posta d’Ichim si era trattenuto quando lo scudiscio d’Ivan Ogareff l’aveva colpito, qui, dinanzi a sua madre, che stava per essere percossa, non aveva potuto signoreggiarsi.

Ivan Ogareff era riuscito.

— Michele Strogoff! esclamò egli.

E facendosi innanzi:

— Ah! disse, l’uomo d’Ichim?

— Per l’appunto, disse Michele Strogoff.

Ed alzando lo knut, percosse forte in viso Ivan Ogareff.

— Colpo per colpo! diss’egli.

— Bravo! Ben restituito! esclamò la voce d’uno spettatore, che andò perduta fortunatamente nel tumulto.

Venti soldati si fecero addosso a Michele Strogoff, e stavano per ucciderlo...

Ma Ivan Ogareff al quale era sfuggito un grido di rabbia e di dolore, li trattenne con un cenno.

— Quest’uomo è riservato alla giustizia dell’Emiro, diss’egli; gli si frughi indosso!