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michele strogoff

tudini le tenevano deste. Michele Strogoff era vivo, ma prigioniero come esse. Ivan Ogareff lo sapeva, e se non lo sapeva, non l’apprenderebbe forse? Nadia era tutta immersa in questo pensiero, cioè che il suo compagno viveva, lui che essa aveva creduto morto. Ma Marfa Strogoff ve deva più lontano nell’avvenire, e se poco conto faceva di sè medesima, aveva ragione di temer ogni cosa per suo figlio.

Sangarre, che erasi cacciata nell’ombra fin presso alle donne, rimase immobile due ore, porgendo l’orecchio... Ma nulla potè intendere. Per un istintivo sentimento di prudenza, non una parola fu detta fra Nadia e Marfa Strogoff.

Il domani, 16 agosto, verso le 10 del mattino, s’udirono suonare le trombe sul lembo dell’accampamento. Subito i soldati tartari presero le armi.

Ivan Ogareff, dopo aver lasciato Zabédiero, giungeva in mezzo ad un numeroso stato maggiore di uffiziali tartari. La sua faccia era più scura del solito, e i suoi lineamenti contratti indicavano in lui una sorda collera che cercava solo un’occasione di sfogarsi.

Michele Strogoff, perduto in un crocchio di prigionieri, vide passare quell’uomo, ed ebbe il presentimento che qualche catastrofe doveva prodursi, perchè Ivan Ogareff sapeva ormai che Marfa Strogoff era la madre di Michele Strogoff, capitano nel corpo dei corrieri dello czar.

Ivan Ogareff, giunto nel mezzo dell’accampamento, scese da cavallo, e i cavalieri della scorta fecero fare un largo circolo intorno a lui.

In quella s’avanzò Sangarre, e disse:

- Non ho nulla di nuovo a dirti, Ivan!