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— 40 — michele strogoff |
Nello stesso modo che Nadia era sempre pronta a difendere la vecchia siberiana, così Michele Strogoff, libero dei suoi movimenti, rendeva ai compagni d’infortunio più deboli di lui tutti i servigi che la sua condizione gli consentiva. Egli incoraggiava gli uni, sosteneva gli altri, si moltiplicava, andava e veniva, finchè la lancia d’un cavaliere non l’obbligasse a ripigliare il suo posto nel luogo che gli era segnato.
Perchè non cercava egli di fuggire? Perchè il suo proposito era oramai fatto, di non lanciarsi cioè attraverso la steppa se non quando essa fosse per lui sicura. Egli s’era ostinato in quest’idea, d’andare fino a Tomsk a spese dell’Emiro, e in sostanza aveva ragione. Vedendo i numerosi drappelli che battevano la pianura sui fianchi del convoglio, ora al nord, ora al sud, era evidente che egli non avrebbe fatto due verste senza essere ripreso. I cavalieri tartari pullulavano, e talvolta pareva ch’essi uscissero da terra, come quegli insetti nocivi che una pioggia d’uragano fa formicolare alla superficie del suolo. Inoltre una fuga in tali condizioni sarebbe stata, se non impossibile, almeno estremamente difficile. I soldati della scorta spiegavano una vigilanza estrema, perchè ne andava del capo per essi se la loro sorveglianza fosse stata presa in fallo.
Finalmente, il 15 agosto, al cader del giorno, il convoglio giunse alla borgatella di Zabédiero, a una trentina di verste da Tomsk. In quel luogo la via raggiungeva il corso del Tom.
Il primo movimento dei prigionieri sarebbe stato di precipitarsi nelle acque di questo fiume; ma i loro guardiani non permisero di rompere le file prima che la fermata fosse ordinata; sebbene