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michele strogoff

i Tartari si lasciavano dietro, ed i Russi non avrebbero potuto valicarlo senza stento.

In mezzo a quei zingari, accorsi dalle provincie dell’ovest, era la comitiva che aveva accompagnato Michele Strogoff a Perm. Sangarre era là. Questa selvaggia spia, anima dannata di Ivan Ogareff, non lasciava il suo signore. Entrambi, come si è visto, preparavano i loro complotti, nella Russia medesima, nel governo di Nijni-Novgorod. Dopo la traversata dell’Ural, si erano separati per qualche giorno soltanto. Ivan Ogareff se n’era andato rapidamente ad Ichim, mentre Sangarre e la sua compagnia si dirigevano ad Omsk per il sud della provincia.

Si comprenderà facilmente quale ajuto questa donna portasse ad Ivan Ogareff. Per mezzo delle sue zingare, essa penetrava in ogni luogo, udiva e riferiva ogni cosa. Ivan Ogareff era informato di quanto si faceva fin nel cuore delle provincie invase. Erano cent’occhi, cent’orecchi, sempre aperti per la sua causa. Dal canto suo egli pagava largamente questo spionaggio, da cui ricavava gran profitto.

Sangarre, già compromessa in una gravissima faccenda, era stata salvata dall’ufficiale russo. Essa non aveva dimenticato ciò che gli doveva, e s’era data a lui corpo ed anima. Ivan Ogareff, entrato nella via del tradimento, aveva compreso qual partito poteva ricavare da questa donna. Qualsiasi ordine egli desse, Sangarre l’eseguiva. Un istinto inesplicabile, più imperioso ancora di quello della gratitudine, l’aveva spinta a farsi la schiava del traditore, al quale essa era legata fin dai primi tempi del suo esilio in Siberia. Confidente e complice. Sangarre, senza patria, senza