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un’attitudine di alcide jolivet

rifugiati, s’era deciso a passar oltre, non volendo ritardare le operazioni da cui dipendeva la conquista della Siberia orientale. Egli aveva dunque lasciato una guarnigione sufficiente ad Omsk. Poi, trascinando seco le sue orde, e rinforzandosi per via coi vincitori di Kolyvan, veniva a congiungersi all’armata di Féofar-Fan.

I soldati d’Ivan Ogareff s’arrestarono agli avamposti del campo, ma non ricevettero ordine di bivaccare. Il disegno del loro capo era, senza dubbio, di non arrestarsi, ma di spingersi innanzi e di giungere, il più presto possibile, a Tomsk, città importante, naturalmente destinata a diventare il centro delle operazioni future.

Insieme co’ suoi soldati, Ivan Ogareff conduceva un convoglio di prigionieri russi e siberiani, catturati ad Omsk ed a Kolyvan. Questi disgraziati non furono condotti al recinto, già troppo piccino per coloro che conteneva, e dovettero restare agli avamposti, senza riparo, quasi senza nutrimento.

Qual sorte Féofar-Kan riserbava ai tapini? Li avrebbe internati a Tomsk, o decimati con qualche carneficina, come sogliono fare i capi tartari? Era il segreto del capriccioso Emiro.

Quel corpo d’armata non era venuto da Omsk e da Kolyvan senza trascinarsi dietro la folla di mendicanti, di vagabondi e di zingari che formano solitamente la retroguardia d’un’armata in movimento. Tutta questa gente viveva a danno dei paesi attraversati e poco si lasciava dietro le spalle. Onde, necessità di portarsi avanti, non foss’altro che per assicurare l’approvvigionamento delle colonne. Tutta la regione compresa fra i corsi dell’Ichim e dell’Obi, radicalmente devastata, non offriva più nulla. Era un deserto quello che