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— 106 — michele strogoff |
con uno stupore che ciascuno comprenderà, due personaggi ai quali egli non pensava guari e che non credeva di dover rivedere mai più.
Erano i corrispondenti Harry Blount ed Alcide Jolivet, non più compagni di viaggio, ma rivali e nemici, ora che operavano sul campo di battaglia.
Essi avevano lasciato Ichim alcune ore soltanto dopo la partenza di Michele Strogoff, e, se erano giuati prima di lui a Kolyvan, seguendo la medesima strada, se gli erano anche passati innanzi, gli è che Michele Strogoff aveva perduto tre giorni sulle sponde dell’Irtyche.
Ed ora, dopo d’aver assistito entrambi alla lotta dei Russi e dei Tartari dinanzi alla città, dopo di aver lasciato Kolyvan nel momento in cui la lotta avveniva nelle strade, erano corsi alla stazione telegrafica per mandare all’Europa i loro dispacci rivali e contendere l’uno all’altro la primizia degli avvenimenti.
Michele Strogoff s’era messo in disparte nell’ombra, e senza essere veduto poteva vedere ed udire ogni cosa. Egli doveva naturalmente apprendere notizie per lui interessanti e sapere se dovesse o no entrare in Kolyvan.
Harry Blount, più premuroso del suo collega, si era piantato dinanzi allo sportello, e presentava il suo dispaccio, mentre Alcide Jolivet, contrariamente alle sue abitudini, pestava i piedi per l’impazienza.
— Dieci kopek per ogni parola, disse l’impiegato pigliando il dispaccio.
Harry Blount depose dinanzi a sè un mucchietto di rubli, che il suo confratello guardò con un certo stupore.
— Bene, disse l’impiegato.