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— 21 — russi e tartari |
zione senza limiti che avea per il suo signore; ma lo czar, sdegnando questi rimproveri indiretti circa la sua politica interna, proseguì brevemente la serie delle domande:
— Ultimamente dov’era Ivan Ogareff?
— Nel governo di Perm.
— In qual città?
— A Perm appunto.
— Che faceva?
— Sembrava disoccupato, e la sua condotta nulla aveva di sospetto.
— Non era sotto la sorveglianza dell’alta polizia?
— No, sire.
— In qual tempo lasciò Perm?
— Verso il mese di marzo.
— Per andare dove?
— Non si sa.
— E da quel tempo s’ignora che ne sia avvenuto?
— S’ignora.
— Ebbene, io lo so, rispose lo czar. Avvisi anonimi, senza passare per gli ufficî della polizia, pervennero a me, e stando ai fatti che accadono ora al di là della frontiera, ho ragione di credere che fossero esatti.
— Volete dire, sire, rispose il gran mastro di polizia, che Ivan Ogareff abbia mano nell’invasione tartara?
— Sì, generale, e ti dirò io quello che tu non sai. Ivan Ogareff, dopo aver lasciato il governo di Perm, passò i monti Urali, entrò in Siberia nelle steppe kirghize, e colà tentò non senza fortuna di sollevare le popolazioni nomadi. Scese allora più al sud fino al Turkestan libero. Colà, nei kanati di Bukara, di Kokand, di Kunduze,