Pagina:Michele Strogoff.djvu/209


— 97 —

un ultimo sforzo

lo accarezzò colla mano, gli parlò dolcemente, e riuscì a farlo drizzare senza rumore.

In quel mentre le torcie, fortunatamente consumate, s’erano spente, e l’oscurità durava tuttavia profonda, almeno sotto i larici.

Michele Strogoff, dopo d’aver rimesso il morso, assicurata la cinghia della sella, provata la coreggia delle staffe, cominciò a tirar dolcemente il suo cavallo per la briglia. Del resto l’intelligente animale, quasi avesse compreso quello che da lui si domandava, seguì docile il padrone, senza mandare il più lieve nitrito.

Per altro alcuni cavalli usbechi rizzarono la testa e si diressero a poco a poco verso il lembo del bosco.

Michele Strogoff teneva nella mano destra la rivoltella, pronto a spezzar il cranio al primo cavaliere tartaro che si avvicinasse. Ma fortunatissimamente non fu data la sveglia, ed egli potè giungere all’angolo che il bosco faceva a dritta raggiungendo la strada.

Era intenzione di Michele Strogoff, per evitare di essere veduto, di balzare in sella il più tardi possibile, e solo dopo di aver sorpassato una svolta che si trovava a dugento passi dal bosco.

Disgraziatamente, al momento in cui Michele Strogoff stava per valicare il lembo del bosco, il cavallo d’un Usbeco nitrì, e si slanciò sulla strada.

Il suo padrone gli corse dietro per ricondurlo, ma, vedendo un profilo che si designava confusamente ai primi bagliori dell’alba, gridò:

— Allerta!

A tal grido tutti gli uomini del bivacco balzarono in piedi e si precipitarono sulla via.

7 — Michele Strogoff. Vol. II.