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michele strogoff

vallo non può precederli. Se sono Russi m’unirò ad essi. Se sono Tartari, bisogna evitarli. Ma come? Dove nascondermi in questa steppa?

Michele Strogoff guardò intorno a sè, e l’occhio suo penetrante scorse una massa confusamente disegnata nell’ombra, un centinajo di passi innanzi, a mancina della strada. Pensò:

— Colà vi è qualche boschetto; cercarvi rifugio gli è espormi forse ad essere preso, ma non ho la scelta. Eccoli! eccoli!

Alcuni istanti dopo, Michele Strogoff, trascinando il suo cavallo per la briglia, giungeva ad un boschetto di larici, a cui metteva la strada. Al di là ed al di qua interamente sguernita d’alberi, essa si stendeva tra frane e stagni separati da cespugli nani, fatti di giunche e di eriche. D’ambo le parti dunque il terreno era assolutamente impraticabile, ed il distaccamento doveva di necessità passar dinanzi a quel boschetto, poichè seguiva la strada maestra d’Irkutsk.

Michele Strogoff si gettò sotto i larici, e dopo aver fatto una quarantina di passi fu arrestato da un corso d’acqua che chiudeva il boschetto come una cinta semicircolare.

Ma l’ombra era così fitta, che Michele Strogoff non correva verun rischio d’essere veduto, a meno che il bosco non venisse frugato minuziosamente. Condusse egli dunque il suo cavallo fino al corso d’acqua, lo legò ad un albero, poi venne a stendersi sul lembo del bosco per conoscere con chi avesse a fare.

Michele Strogoff s’era appena accomodato dietro un gruppo di larici, quando apparve un bagliore confuso, nel quale spiccavano qua e là alcuni punti lucenti che s’agitavano nell’ombra.