Pagina:Michele Strogoff.djvu/201


— 89 —

un ultimo sforzo

invasori, in pochi giorni doveva giungere alla sua meta.

Era venuta la notte dopo una giornata piuttosto calda. Una profonda oscurità avvolse la steppa verso la mezzanotte. Il vento, cessato interamente al tramonto, lasciava una perfetta calma nell’ammosfera. S’udiva solo sulla via deserta il rumore dei passi del cavallo e qualche parola con cui il suo padrone lo incoraggiava. In mezzo a quelle tenebre un’estrema attenzione era necessaria per non uscir dalla strada fiancheggiata di stagni e di piccoli corsi d’acqua tributarî dell’Obi.

Michele Strogoff s’avanzava dunque il più rapidamante possibile, ma con una certa circospezione. Egli fidava non meno nell’eccellenza dei suoi occhi, i quali vedevano nel bujo, che nella prudenza del suo cavallo, di cui gli era nota la sagacia.

A un dato punto, avendo egli messo piede a terra, cercava di riconoscere esattamente la direzione della via, quando gli parve d’udire un mormorío confuso che veniva dall’est; era come il rumore d’una cavalcata sull’asciutto terreno. Non v’era dubbio. Ad una o due verste indietro s’udiva un certo rumore cadenzato di passi che battevano regolarmente il suolo.

Michele Strogoff ascoltò con maggior attenzione, dopo d’aver appoggiato l’orecchio a terra.

— È un distaccamento di cavalieri che vengono per la via di Omsk, pensò egli, e cammina rapidamente, perchè il rumore cresce. Sono Russi o Tartari?

Michele Strogoff ascoltò di nuovo.

— Sì, diss’egli, questi cavalieri vengono di gran trotto! Fra dieci minuti saranno qui! Il mio ca-