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— 85 — gli acquitrini della baraba |
rigendosi l’una ad Omsk, l’altra a Tomsk, era sfuggita finora agli orrori dell’invasione.
Ma le difficoltà naturali dovevano finalmente scemare, perchè se non trovava alcun ritardo, Michele Strogoff doveva, fin dal domani, aver lasciata la Baraba, e ritrovare una via praticabile, appena avesse valicate le 125 verste (133 chilometri) che ancora lo separavano da Kolyvan.
Giunto a quel borgo importante, egli non sarebbe più che ad eguale distanza da Tomsk. Piglierebbe allora consiglio dalle circostanze, ed assai probabilmente si deciderebbe a fare il giro di questa città che, se le notizie erano esatte, era occupata da Féofar-Kan.
Ma se codesti borghi, come a dire Ikulskoe e Karguinsk, che egli passò il domani, erano relativamente tranquilli in grazia della loro situazione nella Baraba, dove difficilmente le colonne tartare avrebbero manovrato, non era egli a credere che sulle rive più ricche dell’Obi, Michele Strogoff, più non avendo a temere gli ostacoli fisici, avesse invece molto a temere dell’uomo? Ciò era verisimile. Pure, se fosse necessario, egli non esiterebbe a gettarsi fuor della via d’Irkutsk. Fuggendo allora attraverso la steppa, egli rischierebbe evidentemente di trovarsi senza mezzi. Colà infatti non più via tracciata, non più città, nè villaggi. Solo qualche fattoria isolata o semplici capanne di povera gente, ospitali senza dubbio, ma prive forse persino del necessario. Ad ogni modo non era momento d’esitazioni.
Finalmente, verso le 3 e mezzo pomeridiane, dopo d’aver oltrepassato la stazione di Kargatsk, Michele Strogoff lasciava gli ultimi avvallamenti dalla Baraba, ed il suolo duro e secco del terri-